PRIVACY

Il nuovo mondo del marketing

Più di un secolo fa uno dei pionieri del marketing, John Wanamaker, protestava che «metà del denaro che spendo in pubblicità è sprecato, il guaio è che non so quale metà sia». Questa lamentela è ancora valida per le forme di advertising tradizionale, ma gli ultimi decenni hanno introdotto diversi modelli innovativi di promozione dei propri servizi o dei propri prodotti, soprattutto attraverso i canali digitali. La caratteristica che accomuna queste modalità più efficienti di comunicazione è la profilazione dei metodi di contatto e di persuasione che adottano. I destinatari delle informazioni sono conosciuti con un grado di personalizzazione spesso molto avanzato, e le tecnologie di conversazione più recenti giungono a variare i contenuti del messaggio quasi ad un livello di specificità individuale. In questo modo l’efficacia della comunicazione viene ottimizzata attraverso un processo di affinamento il cui successo può essere misurato, e i cui effetti possono essere migliorati in modo sempre più «scientifico».

La verità sul GDPR

 

La normativa europea in difesa della privacy sembra voler dissolvere il nuovo idillio che si sta stringendo tra imprenditori e marketing pubblicitario. La divulgazione giornalistica sul tema è ricca più di lacune che di accuratezza, ed esaspera le connotazioni restrittive del GDPR.

 Al contrario, pur essendo vero che la possibile irrogazione di sanzioni derivanti da una violazione della normativa privacy dovrebbe consigliare una consulenza legale preventiva e continuativa sul tema, una guida competente nell’espletamento dei requisiti normativi offre in primo luogo un’opportunità di riorganizzazione della strategia marketing dell’impresa, che va dalla definizione degli obiettivi alla gestione dei ruoli professionali da destinare alla loro esecuzione.

Il costo della transizione si concentra nelle fasi iniziali del processo. È il momento in cui bisogna disegnare il nuovo assetto, comprendere quali sono i dati dei clienti registrati e da seguire, e in che modo si intende farne uso per le operazioni promozionali del futuro; al contempo, bisogna censire gli strumenti di tracciamento, di analisi e di pianificazione delle campagne marketing, e si deve stabilire quali sono i ruoli nell’organizzazione aziendale che sono incaricati di sovrintendere la custodia, l’aggiornamento e l’utilizzo delle informazioni sensibili sugli interlocutori della comunicazione aziendale.

La razionalizzazione del marketing

La modernizzazione della macchina che coordina e sviluppa il marketing comporta quindi un insieme di riflessioni sulla struttura organizzativa e commerciale dell’impresa: la valutazione delle opportunità di contatto e di sviluppo di nuovo business si traducono in una formalizzazione in cui si concretizza il lavoro finale del consulente dello Studio Cascio-Ferraro. Il valore del supporto che viene offerto riguarda l’elaborazione metodica delle informazioni preliminari, che insistono sul processo di predisposizione e di transizione verso l’assetto che sarà sancito dai documenti legali. Le operazioni richieste permettono all’imprenditore di essere sempre più consapevole del valore che deve essere comunicato, dei cluster di destinatari della promozione, dei metodi di misurazione e di ottimizzazione delle campagne, dei risultati attesi.

I dispositivi gestionali

 

Tuttavia il tema della privacy non investe solo il rapporto tra l’azienda e il pubblico, in cui si trovano i clienti attuali o potenziali. Le relazioni sono tessute anche con tutti coloro che intrattengono un legame di collaborazione o di lavoro subordinato con la società, e che quindi sono immersi in un flusso di scambio dati quotidiano con l’amministrazione delle risorse umane. Questo traffico di informazioni deve essere censito e classificato, al fine di disciplinare ognuna delle sue componenti secondo le prescrizioni della legge, e di stabilire quali sono i referenti per la loro gestione, le garanzie di tutela e di accesso ai contenuti che vengono tracciati, la durata della conservazione del materiale.

Negli ultimi anni non è stato solo il marketing a subire una trasformazione dei metodi e delle applicazioni che lo hanno rivoluzionato nel profondo. L’introduzione dei dispositivi digitali ha impresso un’evoluzione all’ambiente di lavoro che ha scatenato un impatto altrettanto dirompente sui principi e sui processi di management aziendale. La registrazione degli accessi del personale avviene con strumenti elettronici che codificano i segnali di ingresso e di uscita in pochi bit, di semplice consultazione e disponibili per una conservazione a basso costo per tempi potenzialmente infiniti; ma oltre ai badge aziendali, le persone possono essere tracciate attraverso i log degli apparecchi digitali in loro dotazione, dal cellulare al portatile ai tablet. Molto spesso sono i collaboratori stessi a segnalare in modo spontaneo la loro posizione attraverso le interazioni con i social media e a divulgare i propri dati personali attraverso i loro account privati. Secondo Eraclito «la natura ama nascondersi»; ma i tempi sono cambiati, e l’uomo contemporaneo sembra essere posseduto da una certa passione per l’esibizionismo, anche a proprio svantaggio. L’attivazione dei dispositivi, l’adito e la consultazione delle informazioni catturate, devono quindi essere sottoposti ad una regolamentazione documentata – pena il precipizio dalla natura di Eraclito alla società di Orwell.

Lo smart working ai tempi del Covid

Gli ultimi anni hanno aggiunto alla crescita di complessità indotta dallo sviluppo tecnologico anche le implicazioni legali della gestione dello smart working. Secondo l’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano in Italia la quota degli occupati che nel 2019 lavoravano da casa in modo strutturale o saltuario si aggirava intorno al 4,8% del totale; ma nel corso del 2020 le strategie di contenimento della pandemia di Covid-19 hanno sollecitato molte imprese a ricorrere a questa forma di gestione dell’impiego. Nel corso del primo lockdown, durante marzo 2020, 6,6 milioni di lavoratori erano attivi da remoto; la «nuova normalità» che sta stabilizzando l’inserimento dello smart working nei processi aziendali delle imprese dovrebbe portare 5,3 milioni di individui a trovare una soluzione di interazione da casa, circa il 25% della popolazione attiva del Paese. Il 54% delle società è pronto a regolarizzare le modalità «agili» di lavoro, con una revisione dei contratti che regolano gli accordi di collaborazione, e la necessità di sviluppare policy ad hoc per la gestione dei dati relativi agli accessi alle reti aziendali, ai meccanismi per la verifica del rispetto degli impegni contrattuali da parte del dipendente, ai ruoli di coloro che devono vigilare sull’applicazione delle regole stesse.    

La razionalizzazione dell’impresa

Una famosa graphic novel di Alan Moore chiedeva: «chi controlla i controllori?» (citando Giovenale e la sua VI Satira). Anzitutto questo compito spetta alle clausole della privacy policy e al lavoro di razionalizzazione degli obiettivi e dei processi che vi sono sottesi. La perspicuità della relazione tra scopi e mezzi produce vantaggi per tutti, ed è la prima garanzia del rispetto dei patti da parte di tutti gli attori coinvolti. Al contempo, la trasparenza che investe i metodi di lavoro, le modalità di interazione, la misurazione dei risultati, si traduce in un valore che distingue sul mercato l’impresa dai concorrenti. In un mondo sempre più preoccupato dalla sostenibilità, dall’attenzione alla responsabilità sociale delle aziende, ai loro codici etici, la cura dedicata alla privacy è un tratto centrale della comunicazione istituzionale e un pregio che magnifica agli occhi dei clienti la sensibilità di chi vi ha investito tempo e risorse.

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